Il CBD per trattare le epilessie pediatriche resistenti ai farmaci
In uno studio italiano, il punto sull’utilizzo del CBD per trattare alcune forme di epilessia
In uno studio italiano, il punto sull’utilizzo del CBD per trattare alcune forme di epilessia
Negli ultimi anni, l’interesse verso i prodotti derivati dalla cannabis e usati a scopo terapeutico è cresciuto. Tra i tanti, uno dei principali campi di analisi e osservazione riguarda il ruolo dei due principi attivi della cannabis, Δ-9-tetraidrocannabinolo (THC) e cannabidiolo (CBD), nel trattamento dell’epilessia pediatrica refrattaria.
Lo studio Trattamento con cannabidiolo per epilessie refrattarie in pediatria, pubblicato lo scorso settembre da un gruppo di ricercatori italiani, fa il punto sui dati disponibili presenti nelle ricerche precedenti, descrivendo le prove scientifiche per l’uso del CBD nelle condizioni epilettiche pediatriche in cui è stato usato il principio attivo della cannabis.
Uno dei primi scienziati a descrivere l’uso della cannabis in India per trattare gli spasmi infantili fu il dottor William Brook O’Shaughnessy, che nel 1840 usò la cannabis su un neonato di 40 giorni. In seguito, in molti altri casi è stata mostrata l’efficacia del CBD per combattere l’epilessia resistente ai farmaci tradizionali in pazienti pediatrici. Secondo le prime ricerche, ricostruite dagli studiosi italiani, il cannabidiolo “può ridurre la frequenza delle convulsioni e portare a miglioramenti della qualità della vita nei bambini affetti da epilessia refrattaria”. Successivamente, le analisi si moltiplicarono. Ad aumentare l’interesse degli scienziati fu la scoperta del ruolo del sistema endocannabinoide che, quando attivato, sembra prevenire le convulsioni causate dalle crisi epilettiche.
Tra quelli passati in rassegna dagli scienziati italiani che hanno svolto lo studio di revisione, il rapporto più noto riguarda una bambina di 5 anni degli Stati Uniti, a cui nel 2013 venne diagnosticata una rara forma di epilessia, la sindrome di Dravet, con oltre 50 crisi. La bimba era stata trattata con cannabis ad alto contenuto di CBD e, dopo 3 mesi, “è stato segnalato che le sue crisi si sono ridotte di oltre il 90%”.
Successivamente, altri ricercatori hanno studiato l’effetto di estratti di cannabis per il trattamento della malattia. Spesso, come risultato, si è verificata una riduzione delle crisi epilettiche e un miglioramento della qualità della vita. Un recente studio retrospettivo, citato dai ricercatori, per esempio, ha analizzato gli effetti dell’olio di CBD su 108 bambini con epilessia, per una durata media di 6 mesi. I risultati hanno mostrato una riduzione delle crisi del 50% nel 29% dei pazienti, mentre nel 10% le crisi erano scomparse. “Nel complesso- riferiscono gli esperti- gli studi sugli oli con CBD indicano una riduzione del 50% delle convulsioni in circa il 30-40% dei pazienti”. Si tratta, però, di studi non controllati.
La maggior parte degli studi effettuati, infatti, sono di tipo retrospettivo o osservazionale, prendendo come esempio piccoli campioni. Negli ultimi anni, però, sono state portate a termine ricerche controllate con placebo per i pazienti affetti da sindrome di Lennox-Gastaut e sindrome di Dravet, trattati con il principio attivo della cannabis. In queste due situazioni, il CBD si è dimostrato efficace, tanto che nel 2018 la FDA ha approvato un “farmaco antiepilettico aggiuntivo in bambini di 2 anni” affetti dalle due sindromi epilettiche. Successivamente, nel 2019, il farmaco a base di cannabis è stato approvato anche dall’EMA e, lo scorso ottobre, anche il Ministero della Salute italiano ha dato l’ok alla sua introduzione. Nella tabella dei medicinali, spiega il decreto del Ministero, “è inserita, secondo l’ordine alfabetico, la seguente categoria di sostanze: composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis”. Ora, precisa il decreto, “è in corso di valutazione presso l’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) una richiesta di autorizzazione all’avvio della commercializzazione di un medicinale, in soluzione orale, contenente cannabidiolo”.
Ma, spiegano i ricercatori, a parte le sindromi di Dravet e Lennox-Gastaut, poche situazioni nel panorama dell’epilessia pediatrica hanno fornito buone prove a sostegno di una risposta terapeutica efficace da parte del CBD. Oggi, infatti, per molte altre condizioni epilettiche sono disponibili solamente risultati preliminari. Per questo, “le epilessie farmacoresistenti nei bambini rappresentano una sfida”, che può essere portata avanti con nuovi studi e ricerche più approfondite, che forniscano indizi preziosi per un futuro miglioramento nell’uso terapeutico del CBD per il trattamento delle epilessie pediatriche resistenti ai farmaci.
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Dalle malattie neurodegenerative, a quelle tumorali, fino al dolore cronico.
Dalle malattie neurodegenerative, a quelle tumorali, fino al dolore cronico. Sono molti gli usi medici della cannabis terapeutica. E, negli ultimi anni, il suo consumo è aumentato, come mostrano i dati del Ministero della Salute, che registrano una crescita nella vendita di cannabis: dai 58.590 prodotti del 2014, si è arrivati nel 2019 agli 860.675. Ma cos’è la cannabis terapeutica, chi può assumerla e come? Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Si tratta di un tipo di cannabis prodotta esclusivamente per uso medico e terapeutico. Deriva dalle infiorescenze femminili della qualità sativa light, già giunte a maturazione ed essiccate, contenenti i principi attivi centrali: il THC o delta-9- tetraidrocannabinolo, e il CBD o cannabidiolo. La produzione segue rigide norme, che ne garantiscono una qualità precisa e controllata ed evitano la formazione di muffe, batteri e contaminazioni da metalli pesanti o altri agenti inquinanti. Le piante vengono fatte crescere, quindi, senza l’uso di pesticidi e ogni passo della produzione deve attenersi scrupolosamente agli standard imposti dal Ministero della Salute che, nel settembre del 2014, ha sottoscritto un accordo col Ministero della Difesa per l’avvio di un Progetto pilota per la produzione nazionale di “sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis per garantire l’unitarietà nell’impiego sicuro di preparazioni magistrali di sostanze di origine vegetale a base di cannabis, per evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali e per consentire l’accesso a tali terapie a costi adeguati”.
La produzione segue l’iter tradizionale di approvazione di un farmaco. Parlando di cannabis terapeutica, infatti, ci si riferisce a prodotti che necessitano di una prescrizione medica e che devono essere assunti secondo specifici dosaggi. Nello specifico, in Italia, quando si parla di cannabis terapeutica si fa riferimento alla cannabis FM2 (contenente percentuali di THC comprese tra il 5 e l’8% e percentuali di CBD tra il 7,5 e il 12%) e alla cannabis FM1 (con THC tra il 13 e il 20% e CBD<1%). [/av_textblock] [av_heading heading='Chi la prescrive e chi può assumerla?' tag='h3' style='blockquote modern-quote' size='' subheading_active='' subheading_size='15' margin='' margin_sync='true' padding='10' color='' custom_font='' av-medium-font-size-title='' av-small-font-size-title='' av-mini-font-size-title='' av-medium-font-size='' av-small-font-size='' av-mini-font-size='' av_uid='av-kfqnv41h' custom_class='' admin_preview_bg=''][/av_heading] [av_textblock size='' font_color='' color='' av-medium-font-size='' av-small-font-size='' av-mini-font-size='' av_uid='av-keh2xzom' custom_class='' admin_preview_bg=''] Secondo quanto riportato nel Documento del Ministero della Salute, “preparazioni magistrali a base di Cannabis FM2, possono essere prescritte da qualsiasi medico abilitato e iscritto all’Ordine dei Medici mediante prescrizione magistrale non ripetibile (RNR)”. Nella ricetta devono essere indicate anche il tipo di cannabis che si intende somministrare, con le relative percentuali di principio attivo, le modalità di somministrazione e le esigenze che hanno portato alla prescrizione.
Per ogni paziente, è possibile usare diverse modalità di assunzione. In particolare, la cannabis FM2 può essere assunta per via orale, come decotto, o per via inalatoria. È il medico che indica le modalità in cui il paziente deve fare uso della preparazione, a seconda della percentuale di THC e CBD che si intende prescrivere. Secondo le Raccomandazioni fornite dal Ministero ai medici, nel caso in cui la cannabis terapeutica venga somministrata per via orale, chi la prescrive “indicherà al paziente la modalità e i tempi di preparazione del decotto, la quantità di cannabis FM2 e di acqua da utilizzare e il numero di somministrazioni nella giornata”.
Se il medico lo ritiene opportuno, può essere usata anche la via inalatoria, mediante l’uso di un vaporizzatore ad aria calda e filtrata. Anche in questo caso, il medico indicherà al paziente la quantità di infiorescenze da usare, la distanza tra un’inalazione e la successiva e il numero totale di inalazioni da effettuare nella giornata.
Una dose eccessiva di cannabis può causare alterazione dell’umore, insonnia, tachicardia, crisi paranoiche, crisi di ansia e reazioni psicotiche. Sono questi i principali effetti collaterali osservati a seguito dell’uso ricreazionale della cannabis. Sugli effetti relativi al suo uso medico, sono ancora in corso diversi studi. Va sottolineato che, nei due casi, i dosaggi e i modi di somministrazione sono significativamente differenti, ma i principi attivi sono gli stessi. L’obiettivo dell’utilizzo di cannabis medica, tramite la prescrizione di dosaggi mirati, dovrebbe essere quello di minimizzare gli effetti collaterali e ottimizzare quelli terapeutici.
La cannabis risulta una delle sostanze psicotrope d’abuso più usate e il suo utilizzo può causare dipendenza, provocando danni cognitivi e psicotici. Quando la cannabis viene impiegata per uso medico, alle dosi raccomandate, solitamente inferiori rispetto a quelle della cannabis ricreativa, ” si riduce il rischio di dipendenza complessa”. Per questo, il medico è chiamato a valutare attentamente il dosaggio da prescrivere ad ogni paziente, tenendo conto anche di eventuali rischi di dipendenza.
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