Il THC (Δ9-tetraidrocannabinolo) come sostanza per prevenire le complicazioni causate dalla sindrome di distress respiratorio acuto (ARDS). È l’ipotesi studiata da un gruppo di scienziati dell’University of South Carolina, che sui topi hanno sperimentato con successo la sostanza contenuta nella cannabis.

Negli ultimi mesi, si è parlato spesso dell’ARDS, dato che si è rivelata una delle complicanze e dei principali fattori di mortalità associate al Covid-19. Si tratta di una forma di insufficienza respiratoria polmonare, causata anche da una riduzione di ossigeno nel sangue. La sindrome, secondo i ricercatori, “causa fino al 40% di mortalità nell’uomo ed è difficile da trattare”.

Essa può essere scatenata da vari agenti: tra questi c’è l’enterotossina strafilococcica B (SEB), un potente super antigene batterico, in grado di scatenare la “tempesta di citochine“. Attualmente, l’ARDS è difficile da trattare e la sua insorgenza può portare anche alla morte del paziente.

Per questo, la sindrome da distress respiratorio acuto è finita al centro dello studio del gruppo di ricercatori del Sud Carolina, che hanno pubblicato i risultati sull’International Journal of Molecular Science.

Gli scienziati hanno analizzato gli effetti del THC sull’ARDS provocata nei topi dalla SEB, che innesca la mortalità al 100%: “In un modello murino C3H, abbiamo precedentemente dimostrato che l’esposizione a doppia dose di SEB che coinvolge la via intranasale, seguita dall’esposizione sistemica, innesca la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), portando al 100% di mortalità”, hanno spiegato gli scienziati.

Negli esseri umani, la sindrome da distress respiratorio acuto può essere innescata da agenti infettivi, che provocano scarsa ossigenazione e insufficienza respiratoria. “Poiché non esistono modalità di trattamento specifiche ed efficaci- osservano i ricercatori- fino al 40% dei pazienti con ARDS muore“.

Un precedente rapporto dei ricercatori ha dimostrato che l’assunzione del cannabinoide psicoattivo prima della somministrazione di SEB può prevenire l’ARDS indotta dal super antigene e anche la mortalità ad esso associata. Questa volta, invece, gli studiosi hanno fatto un passo in più e hanno somministrato il THC dopo l’esposizione al SEB, per capire se avrebbe comunque potuto prevenire l’ARDS.

I risultati dello studio dimostrano che “il trattamento con THC previene i danni polmonari indotti da SEB attraverso una riduzione delle cellule immunitarie infiltranti”. I ricercatori hanno scoperto che il cannabinoide è in grado di far sopravvivere il 100% dei topi con sindrome da distress respiratorio acuto.

L’ARDS è stata osservata anche nel 30% circa dei pazienti infettati dal Sars-CoV-2 e colpiti dalla forma più grave della malattia. I dati raccolti dai ricercatori hanno suggerito “che il THC potrebbe essere usato come agente immunomodulante per smorzare la tempesta di citochine e promuovere l’apoptosi nelle cellule immunitarie attivate durante il Covid-19“. L’uso del principio attivo contenuto nella cannabis, però, può far nascere alcune perplessità, date le sue proprietà psicoattive, nonostante il THC sia “approvato dalla FDA per il trattamento della nausea e del vomito nei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia e per aumentare l’appetito nei pazienti con HIV”.

Le conclusioni dello studio suggeriscono che “il THC può essere utile nel trattamento dell’ARDS osservata durante la sepsi, così come il Covid-19”. Inoltre, il Δ9-tetraidrocannabinolo potrebbe aiutare nel trattamento della tempesta di citochine osservata nei pazienti affetti da nuovo coronavirus. Ma, avvisano i ricercatori nelle conclusioni dello studio, “queste correlazioni richiedono ulteriori studi approfonditi”.