In Basilicata, come nelle altre regioni italiane, è possibile avere accesso alla cannabis per scopi terapeutici. La somministrazione della sostanza, però, è permessa solo in alcuni casi e segue regole ben precise.
Chi può accedere alla cannabis terapeutica?
La Basilicata segue le norme nazionali che riguardano l'utilizzo della marijuana medica. Il Ministero della Salute ha stabilito la possibilità di usare la cannabis per trattare i sintomi di alcune patologie, risultate resistenti ai farmaci tradizionali. Per questo, non è possibile ricorrere alla sostanza come unica terapia. Il Ministero precisa che possono avere accesso alla cannabis terapeutica i pazienti che se ne servono come:
- Analgesico in patologie che causano spasticità associata al dolore, come la sclerosi multipla;
- Analgesico contro il dolore cronico;
- Rimedio contro la nausea e il vomito causati dalla radioterapia, dalla chemioterapia o dalle terapie per l’HIV;
- Stimolatore dell’appetito, nei casi di cachessia, anoressia, o perdita dell’appetito nei pazienti malati di tumore o affetti da AIDS;
- Rimedio contro il glaucoma, grazie all’effetto ipotensivo della cannabis;
- Riduttore dei movimenti involontari del corpo nella sindrome di Gilles de la Tourette.
I pazienti affetti da questi sintomi, legati a diverse patologie, possono richiedere di accedere alla cannabis terapeutica nel caso in cui le terapie tradizionali non abbiano dato gli effetti sperati.
La prescrizione
Nell’aprile del 2017, la Regione Basilicata ha trasmesso ai medici e ai farmacisti il documento emanato dal Ministero della Salute relativo alle raccomandazioni sulla prescrizione e sulla preparazione dei prodotti a base di cannabis, in particolare della qualità FM2, proveniente dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Secondo le linee guida nazionali, la sostanza può essere prescritta da “qualsiasi medico abilitato e iscritto all’Ordine dei Medici”. Per avere accesso alla cannabis terapeutica è possibile rivolgersi anche ai medici di Clinn, dottori specialisti della marijuana medica.
Per permettere al paziente di iniziare il trattamento, il medico deve compilare una prescrizione magistrale non ripetibile e unica, che non può essere ceduta o donata ad altri, poiché la ricetta è personale. Per dimostrare di avere diritto alla cannabis terapeutica, il paziente dovrà poter mostrare la ricetta timbrata e firmata dal farmacista, al momento della consegna del prodotto. Nella prescrizione, il medico deve indicare anche le modalità di assunzione della sostanza e le dosi in cui devono essere presenti THC e CBD, i due principali componenti della cannabis. Sarà poi compito del farmacista provvedere alla preparazione magistrale.
Modalità di assunzione
Per assumere la marijuana medica, il paziente può ricorrere a due diverse modalità, concordate con il medico prescrittore: per via orale, come decotto, o per via inalatoria, con vaporizzazione. Il Ministero della Salute ha stabilito che, in caso di somministrazione orale, “il medico curante indicherà al paziente la modalità e i tempi di preparazione del decotto, la quantità di cannabis FM2 e di acqua da utilizzare e il numero di somministrazioni nella giornata”. È consigliabile iniziare il trattamento con dosi contenute, per poi incrementarle gradualmente in base alla necessità. Se la somministrazione della cannabis terapeutica avviene per via inalatoria, invece, tramite un vaporizzatore ad aria calda e filtrata. Il paziente ricorre a questa seconda modalità di assunzione nel caso in cui l’uso orale non abbia dato l’effetto sperato o se il medico ritenga opportuna l’inalazione. Il documento contenente le raccomandazioni precisa che “anche nel caso della somministrazione per via inalatoria, il medico curante indica al paziente le quantità di infiorescenze da utilizzare, gli intervalli di tempo tra inalazioni successive ed il numero di inalazioni da effettuare nella giornata”.
L’aiuto del Sistema Sanitario regionale
Dal 2014, la Regione Basilicata “garantisce l’utilizzo dei farmaci cannabinoidi, per finalità terapeutiche, nell’ambito del Servizio Sanitario Regionale (S.S.R.)”. A stabilirlo è stata la Legge Regionale dell’11 luglio 2014, che specificava la possibilità di somministrare farmaci cannabinoidi per fini terapeutici sia in ospedale, che a casa e nelle strutture private che erogano anche prestazioni di tipo ospedaliero.
In regime ospedaliero, in caso di preparazioni galeniche reperite presso la farmacia, gli oneri saranno a carico del Servizio Sanitario Regionale. Anche in ambito domiciliare, la somministrazione del trattamento a base di cannabis terapeutica, prescritto da un medico abilitato, risulta a carico del S.S.R. Nei casi di accesso al farmaco non ospedaliero, precisa la legge regionale, “le aziende unità sanitarie locali coadiuvano gli assistiti, su richiesta dei medesimi, nell’acquisizione dei farmaci a base di cannabinoidi”.