“Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD)“. A deciderlo è stata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che lo scorso novembre ha emesso una sentenza in cui viene ricordata la libera circolazione delle merci, tra cui anche il principio attivo della pianta di cannabis sativa.
La sentenza riguarda un caso del 2014, quando i tribunali francesi condannarono per reati penali una società che commerciava e distribuiva una sigaretta elettronica all’olio di CBD. Il cannabidiolo veniva prodotto in Repubblica Ceca usando l’intera pianta, per poi essere importato in Francia, dove venivano confeziate cartucce per sigarette elettroniche. La normativa francese, però, consente l’utilizzo ai fini commerciale solamente di fibre e semi della canapa.
Partendo da questo caso, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il divieto imposto dalla Francia sulla commercializzazione dei prodotti a base di CBD, anche se estratti dall’intera pianta, è contrario al diritto dell’Ue. “Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”, si legge nella sentenza. L’unica eccezione può essere giustificata “da un obiettivo di tutela della salute pubblica ma non deve eccedere quanto necessario per il suo raggiungimento”.
Oltre a ricordare le disposizioni relative alla circolazione delle merci, la Corte “osserva che le disposizioni relative alla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione (articoli 34 e 36 TFUE) sono applicabili, poiché il CBD di cui al procedimento principale non può essere considerato come uno ‘stupefacente‘”. Infatti, le attuali conoscenze scientifiche hanno sottolineato la mancanza di effetti psicotropi nel CBD, che si è rivelato utile nel trattamento di diversi disturbi.