Negli ultimi anni, diversi studiosi si sono interessati al ruolo terapeutico della cannabis, diventata un possibile rimedico efficace per il trattamento di alcuni sintomi resistenti ai farmaci tradizionali. Di pari passo, però, i ricercatori hanno indagato anche gli eventuali effetti collaterali causati dall'assunzione di cannabis per scopi terapeutici.
Il Ministero della Salute, in una circolare indirizzata ai medici prescrittori di cannabis terapeutica del 22 febbraio 2017, ricordava gli effetti collaterali più comuni relativi al consumo ricreativo, data l’assenza di evidenze sulle reazione avverse nel caso di uso terapeutico. Secondo il Ministero, gli effetti collaterali comuni sono:
- Alterazione dell’umore
- Insonnia
- Tachicardia
- Crisi paranoiche e di ansia
- Reazioni psicotiche
- Sindrome amotivazionale.
La Associazione Internazionale della Cannabis Medica distingue tra effetti collaterali fisici e psichici. Tra quelli fisici, i più frequenti sono:
- Secchezza delle fauci
- Rossore agli occhi
- Disturbi nel movimento
- Debolezza muscolare
- Aumento della frequenza cardiaca
- Diminuzione della pressione arteriosa, con possibili capogiri
Gli effetti collaterali psichici, invece, possono comprendere:
- Euforia
- Sedazione
- Paura di morire
- Sensazione di perdita di controllo
- Diminuzione della memoria
- Alterata percezione del tempo
- Allucinazioni
- Depressione
In genere, però, gli effetti collaterali tipici dell’assunzione di cannabis, che si manifestano subito dopo il consumo, durano poco tempo e scompaiono senza nessun trattamento in poche ore o da uno a tre giorni. Inoltre, gli effetti collaterali si risolvono con l’aumentare della tolleranza: con il tempo, cioè, durante l’uso di cannabis, gli effetti avversi diminuiscono fino a scomparire. La durata e l'intensità degli effetti dipendono dalla dose di sostanza assunta.
È possibile cercare di prevenire le reazioni collaterali indesiderate tramite le seguenti linee guida:
- Assumere dosi ridotte all’inizio del trattamento
- Usare la stessa dose per diversi giorni, monitorando gli effetti
- Aumentare lentamente la dose
- Creare un ambiente sicuro per l’avvio della terapia
Oltre ai comuni effetti collaterali, l’uso di cannabis terapeutica potrebbe esporre ad alcuni rischi, sui quali però sono ancora in corso ricerche, per accertarne l'effettiva presenza in caso di assunzione della sostanza. L’uso di cannabis, per esempio, viene considerato tra i fattori di rischio della psicosi, uno stato mentale descritto dall’Associazione Internazionale di Cannabis Medica come unito a una “perdita di contatto con la realtà”. Secondo uno studio italiano risalente al 2013, “l’uso di cannabis può aumentare il rischio per lo sviluppo di un disturbo psicotico”, ma questa eventualità è valida per i soggetti vulnerabili e predisposti allo sviluppo del disturbo. Un discorso simile vale per la schizofrenia, la cui insorgenza può essere agevolata dall'uso di cannabis, in persone già predisposte.
Altri possibili rischi riguardano le donne incinte e quelle che allattano. Infatti, come riporta una revisione del 2015 sulle linee guida per l’allattamento al seno e l’uso di sostanze, il THC (tra i principali composti della cannabis) è presente nel latte umano e viene assorbito e metabolizzato dal bambino. Inoltre, la circolare del Ministero della Salute, risalente al 2017, citava una serie di studi che dimostravano il passaggio nel latte e attraverso la placenta del THC. Per questo, l’uso di marijuana medica è sconsigliata durante gravidanza e allattamento.
I cannabinoidi possono rappresentare un rischio anche per i pazienti che soffrono di malattie cardiovascolari, dato che la marijuana può portare all’aumento della frequenza cardiaca e a cambiamenti della pressione sanguigna. Uno studio del 2016 aveva mostrato l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e del flusso sanguigno dell’avambraccio, a causa dell’assunzione di cannabis tramite sigarette. Questo aumenta la richiesta di ossigeno, rappresentando un possibile rischio per chi soffre di malattie cardiovascolari.
Infine, la cannabis ha il potenziale per determinare una dipendenza. Tuttavia, crisi di astinenza sono state osservate in consumatori ludici di marijuana, ma non in pazienti trattati secondo precise regole e dosaggi.
Nonostante la possibilità di incorrere in questi rischi, non è stato dimostrato che il consumo di cannabis per scopi terapeutici possa portare ad effetti collaterali pericolosi per la vita dei pazienti. Inoltre, l’insorgenza degli effetti collaterali e dei rischi si presenta solitamente dopo l’assunzione di dosi elevate della sostanza, o quando la cannabis viene utilizzata insieme ad altri particolari farmaci o insieme all’alcol.