In una settimana, la raccolta firme per sostenere il referendum sulla cannabis ha superato le 500mila adesioni, necessarie per avviare il sondaggio tra i cittadini italiani. Un risultato raggiunto anche grazie alla possibilità di sottoscrivere la proposta online, utilizzando la firma digitale, ottenuta grazie allo Spid. Così, decine di migliaia di persone in tutta Italia hanno deciso di sostenere il referendum. La proposta si articola i tre punti. In primo luogo, come spiega il sito dedicato al referendum, si punta alla depenalizzazione della “condotta di coltivazione” della cannabis ad uso personale e all’eliminazione della pena detentiva per le condotte illecite relative alla sostanza, che attualmente prevede la reclusione dai 2 a 6 anni.
Fa eccezione il traffico illecito di cannabis, per cui rimarrebbe in vigore la pena detentiva. Infine, dal punto di vista amministrativo, il quesito propone l’eliminazione della “sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, attualmente destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa”. La sospensione, però, rimarrebbe valida per chi guida sotto l’effetto della cannabis. I tre quesiti, che chiedono l’abrogazione di alcune parti del Testo Unico sugli stupefacenti, sono stati unificati e depositati in un unico blocco, che incorpora i tre punti della proposta.
Cosa cambia per la cannabis terapeutica?
Il dottor Marco Bertolotto, Direttore del Dipartimento di Terapia del dolore e Cure palliative dell’ASL2 della Liguria e specialista nel trattamento del dolore cronico con i cannabinoidi, intervistato a Radio Fantastica, ha spiegato le novità legate al referendum, che potrebbe abolire il reato di coltivazione personale, cancellare la pena detentiva ed eliminare la sospensione e il ritiro della patente di guida per chi coltiva la cannabis. “Il referendum è una grande notizia - ha commentato il dottore - perché ha messo in mostra quanto questo tema sia importante per le persone ed è bene che la politica ne prenda atto e incominci a muoversi. È stata una sorta di sveglia per il mondo della politica”.
Ma bisogna tener presente che cannabis a scopo terapeuticoe cannabis per uso ludico sono “due mondi completamente diversi e paralleli”, che viaggiano su due canali separati. Cosa cambia davvero per i pazienti che utilizzano questa sostanza per trattare i sintomi legati ad alcune patologie? “Nel pratico, per noi, non cambia niente - ha precisato il dottor Bertolotto - le persone malate hanno bisogno di essere seguite da chi conosce le patologie e la farmacologia della cannabis”. Forse l’unico cambiamento si avrà sulla fornitura del prodotto: “Cambia il fatto che aprirà un mercato ed eviteremo di rimanere senza prodotti per curare i nostri pazienti. Se si apre il mercato del ludico, immagino si aprirà anche quello del terapeutico”, che permetterebbe ai pazienti di continuare a curarsi.
“Noi abbiamo migliaia di pazienti che rimangono senza terapia”, spiega ancora il dottor Bertolotto, ma questo può portare le persone a coltivare autonomamente la pianta, rischiando di non ottenere un prodotto valido e controllato. “Ci sono interazioni tra farmaci e cannabinoidi - sottolinea lo specialista, che sconsiglia ai pazienti di coltivare la pianta per usi terapeutici - non è pensabile l’auto-coltivazione, io la sconsiglio perché non si sa cosa si coltiva. Inoltre, la cannabis accumula tutto quello che c’è nell’acqua, nell’aria, nella terra e nei concimi. Quindi si rischia di avere, oltre alle sostanze che curano, anche quelle che possono far male”. La carenza di prodotto può spingere anche i pazienti ad acquistare la sostanza al mercato nero. “Non condivido mettere insieme cannabis terapeutica e ludica - conclude il dottor Bertolotto - ma finalmente discutiamo di questo tema. Spero si arrivi al referendum”.